Fase di bulk o ipercalorica

La fase di bulk o ipercalorica, cos’è? 

La fase di bulk (o ipercalorica) è un periodo temporale della preparazione del bodybuilder in cui l’obiettivo principale è la costruzione muscolare.

Questa è sicuramente la fase più attinente alla dicitura “bodybuilder”, in quanto la costruzione di nuovo tessuto è l’obiettivo primario di chi pratica questa disciplina.

Come si “accede” alla fase di bulk?

fase di bulk o ipercalorica

Per poter “accedere” ad una fase di bulk (o costruzione), elenchiamo gli aspetti principali sui quali agire:

  • Allenamento
  • Dieta
  • Integrazione

Allenamento.

L’allenamento è, al pari passo con la nutrizione, il parametro più importante.

Quale tipo di allenamento svolgere è altamente soggettivo, ma le linee guida predispongono l’atleta verso un’ottica sola: propriocezione muscolare sotto grandi tensioni meccaniche per un range di ripetizioni atto all’esaurimento delle principali riserve energetiche muscolari (fosfati e glicogeno) ed un recupero tale da rigenerare solo in parzial modo le suddette riserve.

Tutto ciò può esser tradotto in: sposta un carico sufficientemente pesante e intelligentemente con il muscolo che vuoi far lavorare (tra i tanti coinvolti nel movimento eseguito) per un lasso di tempo che ti permetta di mantenere controllo e tensione meccanica allo stesso momento ed un recupero sufficiente a ripetere la performance.

Esempio: Panca piana 4 x 10

A tale semplificazione potremmo sbizzarrirci con mille interpretazioni: quanto peso devo utilizzare? L’esecuzione dev’essere veloce o controllata? Il movimento dev’essere completo o no? Quanto recupero tra una serie e l’altra?

A tutte queste domande possiamo inizialmente rispondere con “DIPENDE”, ma successivamente andiamo a dare delle linee guida più efficaci e fruibili.

Quanto peso devo utilizzare?

fase di bulk o ipercalorica

A questa domanda verrebbe spontaneo rispondere “CON QUELLO CHE TI PERMETTE DI FARNE 10”.

In realtà la risposta può essere più articolata del previsto.

Il peso da utilizzare è altamente soggettivo e può dipendere da numerosi fattori quali: feeling con l’esercizio, mobilità e flessibilità, tempi di recupero, tipo di esercizio, obiettivo del protocollo, ecc.

Una cosa però è chiara: il carico DEVE risultare “allenante”.

Ma allenante a cosa? Allenante per un definito obiettivo: l’ipertrofia muscolo-scheletrica. Essendo il muscolo, un organo che reagisce agli stressor adattandosi, è palese come l’utilizzo di un carico al di sotto delle potenzialità miogeniche (ovvero un carico che non risulta stressante) non generi processi ipertrofici duraturi ed evidenti. L’obiettivo è dunque quello di utilizzare un sovraccarico (interno ed esterno) sempre maggiore nel corso delle sedute allenanti per promuovere un maggior tasso di sintesi proteica derivante da uno stimolo meccanico e all’incremento di carico week by week.

“Se il peso pesa…”

L’esecuzione dev’essere veloce o controllata?

Ognuno di noi ha un corredo genico che esprime una maggior o minor quantità e tipologia di fibre muscolari e per capire su quali dobbiamo necessariamente lavorare ci viene d’aiuto un’unica e sola variante: l’esperienza.

Un muscolo di chi ha sempre eseguito sport di potenza avrà una “pasta muscolare” (passatemi il termine) diversa da chi invece ha sempre fatto sport di endurance.

Riflettendo su tutto ciò in sala pesi: chi svolge esecuzioni controllate e con tempi sotto tensione lunghi e protratti con carichi medio-bassi e a tratti alti vedrà sviluppare un determinato tipo di fibre (muscoli tondi e acchiappa-carboidrati, ma spugnosi e vuoti). Ottimizzazione di tale effetto ottico lo si nota in pump in quanto questi soggetti tendono ad avere una compliance cellulare molto elevata.

Al contrario, chi ha plasmato su se stesso il dogma MAGNA E SPIGNI (ovvero movimenti rapidi ed esplosivi associati ad un’alimentazione ipercalorica) avrà uno sviluppo di fibre differente (muscoli duri e rocciosi, ma poco rotondi..). Al tatto appaiono di marmo e di tessuto muscolare vero ce né in abbondanza, ma non hanno resistenza sotto tensioni prolungate.

Quindi, senza dilungarci eccessivamente:

  • chi si ritrova nel primo esempio vedrà giovamenti con esecuzioni veloci ed esplosive per uno sviluppo della componente miofibrillare.
  • chi si troverà nel secondo esempio, vedrà giovamenti con esecuzioni controllate e con tempi sotto tensione più lunghi per promuovere ipertrofia sarcoplasmatica (o spuria).

Il movimento dev’essere completo o no?

Altra tematica interessante da valutare. Spesso si sente parlare di R.O.M attivo, ma nessuno sa cosa sia.

Il Rom attivo è quella porzione di movimento articolare, in cui il muscolo promotore del movimento rimane sotto tensione durante tutta la durata dell’esecuzione.

Un muscolo che non riposa mai durante l’esecuzione di un gesto atletico è un muscolo che vedrà aumentare il suo tempo sotto tensione (che come sappiamo, genera ipertrofia). Direi che un buona percentuale di lavoro nella seduta o nel mesociclo dovrebbe includere un rom che soddisfi le richieste muscolare in termini di tensione continua, ma si possono trovare giovamenti con pause in allungamento o in contrazione o in statica, sia per un maggior tasso metabolico e sia per la ricerca di un nuovo stimolo allenante.

Tutto ciò però può variare in base alla postura e alla biomeccanica esecutiva.

Facciamo un esempio: soggetto cifotico al pulley.

Nonostante l’esecuzione da magistrale, si necessiterà di un cambiamento di porzione di lavoro per massimizzare l’accorciamento dei muscoli eccessivamente allungati promuovendo un notevole cambiamento posturale ed estetico.

I mezzi Rom in concentrica ci vengono più utili che un Rom completo.

Il soggetto si sentirà “più aperto” e con nuovi sviluppi ipertrofici dati da una postura migliore sia sotto carico che non. Stessa cosa, al contrario, la potremmo valutare sullo stesso soggetto che esegue una croce con manubri.

Contestualizzare, sempre.

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    Quanto recupero tra una serie e l’altra?

    fase di bulk o ipercalorica

    Il recupero tra una serie e l’altra può cambiare le carte in tavola in base in allenamento.

    Ritorniamo all’esempio posto inizialmente sulla panca piana.

    Se recupero 60’’ e tiro le serie a cedimento avrò una risposta ipertrofica differente rispetto che se recupero 120’’-180’’.

    Il mio consiglio è questo: siccome il sovraccarico progressivo sembrerebbe essere la principale variabile che pone un muscolo alla nuova genesi cellulare, per garantire un buon tonnellaggio nella seduta all’interno di un contesto ipertrofico, valuterei di rimanere su recuperi che vadano tra i 60 e i 120’’  in base al tipo di stimolo che necessitiamo dare al muscolo.

    Per esercizi in cui lo sforzo risulta più complesso e globale possiamo permetterci un maggior recupero, non tanto per la fatica posta al singolo muscolo, ma per quella sistemica e neurale.

    Più un esercizio inizia ad essere concentrato sul singolo distretto e più possiamo permetterci un recupero breve, dato il minor stress sistemico (occhio però al mantenimento della performance e all’obiettivo del bodybuilder…).

    Valutiamo inoltre la soggettività individuale nel recupero. Ci sono atleti che possono beneficiare di recuperi corti come chi invece debba necessariamente usufruire di tutti i secondi possibili per rigenerare mente e corpo per il round successivo!

    “Ma quindi se ho come punto carente il petto, quali esercizi devo fare? E in che ordine? Insomma, da dove parto?”

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